MERANO. Bortoli Luigi
Con la messa all’asta degli oltre 500 lotti appartenuti agli arredi del Grand Hotel Bristol, il celebre albergo, con tutto ciò che rappresentò, entrerà definitivamente nell’oblio, salvo riemergere saltuariamente quale punto focale di un’epoca.
Inaugurato il 10 agosto 1954, con la benedizione del patriarca di Venezia Cardinal Angelo Roncalli futuro Giovanni XXIII, il grande albergo visse il suo splendore fino a tutti gli anni ’70 per poi lentamente decadere e giungere alla chiusura nel 1993 e all’abbattimento nel marzo del 2007.
A raccontare del Bristol e del suo splendore, è uno dei suoi direttori storici, Hugo Debiasi. Dopo aver svolto una funzione di capo ricevimento, quindi di vicedirettore, e in seguito a una breve pausa esservi ritornato in veste di direttore dal 1966 al 1976, degli anni vissuti al Bristol mantiene il ricordo più bello e vivido della carriera. «L’armatore Arnaldo Bennati, artefice della costruzione del Bristol – racconta – era solito frequentare Merano che grazie al clima offriva benefici al figlio malato. Alloggiava al Continental (l’attuale Meranerhof) e in considerazione della sua assidua frequentazione, ad un certo punto decise di acquistare un albergo. La sua scelta cadde sul Bristol, non particolarmente grande, nato su una struttura ancora più piccola che si chiamava Andreas Hofer e che definire albergo sarebbe un po’ esagerato. Bennati prima decise di far ingrandire la struttura, quindi optò per l’abbattimento e la costruzione del Bristol che tutti abbiamo conosciuto.
«Per l’opera ingaggiò Marino Meo, architetto navale, e questo spiega il perché una delle caratteristiche del Bristol fu quella di avvalersi di concezioni e arredi propri delle navi. Il nuovo albergo, costruito quasi con più ferro che cemento, si presentò come una costruzione davvero formidabile, all’avanguardia a livello internazionale. È stato il primo hotel in Europa ad ospitare sul tetto una piscina. Era un hotel raffinatissimo ed esclusivo, anche negli arredi. Era stato scelto il meglio del meglio.
«La hall era molto spaziosa. Il salone delle feste con un lampadario enorme, fatto a mano dalla Seguso, con la Cenedese una delle più grandi vetrerie veneziane, era enorme. Poi c’era la saletta colazione, un grande ristorante con tappeti immensi comprati in Iran, pezzi unici. E poi vasi preziosi tra cui dei ‘cinesi” autentici.
«La Merano di quegli anni era frequentata da ospiti di spessore internazionale e il Bristol era la loro casa. Naturalmente erano tutelati nella loro riservatezza. L’albergo ospitava anche numerosi congressi. Ricordo in particolare un simposio dentistico internazionale organizzato dal professor Singer, che portò in città i più grandi specialisti mondiali del settore. E il professor Fritz Singer era una punta di diamante in campo odontoiatrico.
«Forse oggi non ce ne rendiamo più conto – riflette Debiasi – ma il Bristol rappresentò davvero l’ultimo atto della tradizione meranese ottocentesca dei grandi alberghi. Per dare un’idea basti pensare che quando fu aperto s’avvalse di un organico di 120 dipendenti. Quando lo diressi io ne contava 80, ed erano ancora una bella cifra. Dopo 10 anni dovetti scendere a una cinquantina e i miei successori, calarono ancora a 30 persone. Insostenibile.
«C’era tanta bella gente. Ricordo la famiglia Flick, titolare della Mercedes. Certa clientela, già allora, arrivava a Merano a bordo del proprio aereo personale atterrando all’aeroporto di Bolzano. Altro motivo di grande richiamo fu l’ippodromo, capace d’attrarre un turismo internazionale. Al Bristol accolsi regnati (ricordo la cugina della Regina d’Inghilterra), artisti di fama internazionale (lo stilista Emilio Schubert, il nostro Alighiero Noschese, Joachim Fuchsberger, attore tedesco), la nobildonna Albertoni e il commendator Tagliabue, legati al mondo dell’ippica. Quest’ultimo era generoso a tal punto che un anno in cui vinse il Gran Premio, svuotò le cantine offrendo da bere a tutti: in albergo non rimase una goccia di champagne. Ma la cosa che forse potrà apparire strana è che tutte queste persone agli occhi dei più irraggiungibili, nei rapporti interpersonali erano molto alla mano. Oserei dire normali. A tale proposito ricordo la semplicità del principe Esfandiari, padre della regina Soraya, moglie dello Scià Reza Pahlavi, col quale ebbi un ottimo rapporto. E poi gli Invernizzi, ex proprietari della Galbani, che arrivavano in Rolls Royce.
«Il personale era selezionato in modo rigoroso. Ciò nonostante capitò anche chi si dimostrò inadeguato. Un maitre che s’era presentato con tutte le carte in regola, servendo ad una cena il proprietario della Rowenta, Heuckeroth, servi un flambé che si trasformò in incendio.
«Si – sospira l’ex direttore – quella del Bristol fu davvero una grande stagione. Arnaldo Bennati, già proprietario del Bauer Gruenwald e per un periodo della gestione del Grand Hotel, entrambi di Venezia, ad un certo punto acquistò anche l’Hotel Paradiso in val Martello. L’idea era di sviluppare l’attività alberghiera ma c’era anche l’intenzione di utilizzare il personale del Bristol pure d’inverno. Ma i tempi stavano davvero cambiando e arrivò inesorabile il declino.
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